Macerata e il suo compito
“Comincia una nuova storia” è stato il punto di partenza, l’impegnativo e ambizioso titolo di un’esperienza, solo immaginata, in forza del quale nel 2010 ho chiesto la fiducia dei cittadini maceratesi per ricostruire, da Sindaco, con un programma di rinnovamento, una Città in quel momento debole.
Ora è il tempo del racconto.
Ma limitarlo a una mera “contabilità” dei progetti realizzati dall’Amministrazione in relazione agli impegni di programma assunti, che è pure verifica opportuna, non basta.
Non basta a me, non basta a tutti coloro che in questi anni hanno condiviso questa responsabilità amministrativa, non può bastare ai maceratesi perché vorrebbe dire rinunciare a riconoscere e misurare in modo serio se questa nuova storia ha restituito alla Città il compito che le è stato dato.
Già, utilizzo proprio la parola “compito”.
Nel 2010, al momento della prima candidatura, mi sono fatto guidare da un pensiero di Giorgio La Pira, uno dei più grandi Sindaci che la storia repubblicana abbia mai conosciuto: “Una città non può essere amministrata e basta. Non è niente amministrare una città, bisogna darle un compito altrimenti muore.”
Vi assicuro che non vi è stata nessuna retorica modaiola né di mirato impatto comunicativo nel riportare quelle parole sul programma politico inviato a tutte le famiglie nel 2010: volevo dire alle persone che mi sarei ispirato a quel concetto per il mio impegno.
Dare un “compito” alla Città significava per Macerata uno sforzo molto profondo e complesso, ambizioso, un rovesciamento netto rispetto al modo di operare delle classi dirigenti consolidate da decenni, rispetto a politiche amministrative sempre più lontane dalle persone ed in particolare rispetto alla sostanziale assenza di una visione futura della Città.
In altre parole, non solo buona amministrazione quanto soprattutto un forte senso circolare tra l’affidamento del compito alla Città e la nuova storia.
Ciò che dunque è importante ricostruire, per questi ultimi dieci anni, è se Macerata è riuscita a riprendersi la propria vera anima e la propria identità, e a farle emergere non solo nella nostra comunità ma anche fuori dai confini cittadini; se la partecipazione è stata praticata nell’assunzione delle decisioni principali; se il valore della persona è stato posto al centro per intensità e qualità di investimento delle politiche sociali, ambientali, scolastiche; se la Città è riuscita a trasmettere la propria vocazione naturale di terra che accoglie; se il talento e l’appartenenza ad una tradizione culturale sono riusciti a rifiorire nelle molteplici espressioni con cui la Città può esprimersi; se si è riusciti a rafforzare il profilo internazionale; se Macerata, da capoluogo, ha saputo coinvolgere il territorio al centro di progettualità condivise; se la Città, oggi, è in grado di affrontare le emergenze con un sistema collaudato e socialmente riconosciuto; se l’esperienza di dieci anni lascia in eredità alla comunità un patrimonio.
Sono solo alcune delle domande le cui risposte possono aiutare a giudicare quanta strada è stata fatta, ma soprattutto se abbiamo percorso una buona strada.
È da questo approfondimento che ognuno di noi può formarsi un’opinione, mantenendo chiaro il punto di partenza del 2010, perché la memoria del dove ci trovassimo darà la misura del rovesciamento, di quanto si è cambiato e della direzione presa.
Questo mio racconto, che parte da qui, è un viaggio di parole che racconta fatti, vuol essere una mappa che non tocca tutte le tappe di questo tempo trascorso, ma segna alcuni passaggi simbolo che possono svelare il percorso che abbiamo affidato alla Città, in nome del compito di Giorgio La Pira.